Ah,
se non ci fosse il
vuoto
a sostenermi...
quel gravidico stato
che talvolta mi prende
e chiede rispetto,
indulgenza
e temeraria pazienza.
Ah, l'indelebile vuoto,
che colma di sé il
cuore,
ma, pietoso, mi concede
di osare sprazzi di
magnifico
più in là della
consuetudine
e la quota d'abitudine.
Allora mi rimetto
al vuoto, anzi, lo
consolo
e madre di me stessa,
attutisco lo smarrimento
di non poter altrimenti fare,
o diversamente essere.
Ah,
se non ci fosse il
pianto
ad intrattenermi...
quel liquido
cristallino,
che nitida lo sguardo
e oltre concede di
vedere,
o altro di scoprire.
Ah, il liberatorio
pianto,
che lava e sana le
crepe
d'un animo ferito
e induce la risoluta
mano
a carezzare l'occhio
leso,
alla luce precluso.
Allora mi sottometto
al pianto, anzi, ne
anelo
la goccia che non
trabocca
da inopportuno vaso,
ma sboccia cheto
come rosa da un roseto
...
Dalla raccolta: "Parole d'acqua",
di Maria Teresa Lentini©22/03/2015,
tutti i diritti riservati.
di Maria Teresa Lentini©22/03/2015,
tutti i diritti riservati.
complimenti Maria Teresa, un intimo autoritratto, di chi si conosce a fondo. Il pianto è il contributo che si paga all'intima dolce malinconia dell'auto - accettazione; c'è molta psicologia nei tuoi magnifici versi, in cui, per certi aspetti, mi riconosco anch'io.
RispondiEliminaBellissima ed auguri per il tuo Blog.
Antonio Cattino.